martedì 25 agosto 2009






Mi chiamo Fabiana e, anche se non lo dico a nessuno, sono laureata in fisioterapia. Quando mi chiedono qual'è il mio lavoro rispondo "mi occupo di riabilitazione neurocognitiva dei bambini con problemi centrali".

Perchè? Perchè rispondendo che sono fisioterapista, ricevo commenti del calibro di fai i massaggi, muovi le persone, "scrocchi" le ossa, o cose del genere. Io non sono una fisioterapista, del fisioterapista "classico" non ho nulla: non faccio manovre, non faccio massaggi, non allungo muscoli, non attacco macchinette, non infilo tutine, non metto tutori, non metto il bambino sulla statica. Io mi occupo di apprendimento, e non penso che i bambini che vengono da me siano "da aggiustare": sono persone che devono essere aiutate ad avere una maggiore consapevolezza di se stessi e del mondo.






Ho studiato presso l'Università La Sapienza di Roma, dove sono stata formata secondo un orientamento neurocognitivo; ho preparato la tesi a Pisa, dove mi sono trasferita per circa sei mesi per studiare "alla fonte" dell'Esercizio Terapeutico Conoscitivo, presso l'allora Centro di Riabilitazione Neurocognitiva dove lavoravano la Dott.ssa Puccini e le sue terapiste. Mi sono laureata con il massimo dei voti e, nonostante gli "avvertimenti" di chi mi diceva che non sarei mai riuscita a lavorare con i bambini, ho cominciato subito a lavorare presso un importante centro di riabilitazione pediatrica, e successivamente in altri centri per il trattamento dell'età evolutiva.





Oggi lavoro come libera professionista con l'Associazione Culturale Progetto Riabilitazione a Roma, che si occupa anche di formazione dei terapisti ed effettuo consulenze e trattamenti di bambini con disturbi centrali di ogni tipo: paralisi cerebrali, sindromi genetiche, disprassie, ritardi cognitivi e di linguaggio, e via dicendo. Questa è la stanza dove tratto i bambini:






Mi sposto anche in tutta Italia per effettuare consulenze e mostrare un approccio "diverso" al bambino, dove la riabilitazione non sia semplicemente "farlo muovere" o "farlo parlare" o "fargli fare delle cose", ma un mezzo che possa essere dato al bambino per diventare una persona più consapevole, più interattiva, più variabile, e quindi... una persona più felice. Una riabilitazione che sia davvero per il bambino, costruita solo ed esclusivamente su di lui, sulle sue personali esigenze, sulle sue peculiarità, e non sulla sua patologia. Un approccio veramente globale al bambino, dove il movimento, il linguaggio, e tutte le altre funzioni corticali superiori vengano trattate insieme, in relazione alla specificità di Livia, di Michele, di Tiziano, di Sally, di tuo figlio o di tua figlia. Rimango quasi sempre in contatto con le famiglie dei bambini che seguo "da lontano", che rivedo ogni tot di mesi, per aggiornare la situazione.

Al termine delle sedute di valutazione infatti ti verrà consegnata una cartella riabilitativa, in cui sarà scritta la mia osservazione, quali obiettivi il bambino dovrà raggiungere (a medio termine -circa sei mesi- e a breve termine -un massimo di due mesi), attraverso quali esercizi, proposti in quale modalità; ti verrà chiarito inoltre come dovrai fare le richieste al tuo bimbo, quali tipi di proposte interattive potrebbero essere utili e quali no. Questa cartella sarà aggiornata ogni paio di mesi, se il bimbo è in terapia con me, oppure ogni volta che vedrò il bambino se si tratta di una consulenza.
La cartella serve per fare in modo che quello che stiamo facendo sia verificabile: solo in questo modo, riusciamo a capire se quello che abbiamo ottenuto è merito della terapia che ha fatto, e anche se qualcosa non va, è possibile capire dove sia il problema (esercizio sbagliato, modalità scorretta, ipotesi sbagliata sulla causa del comportamento, ecc.). Questo è il modo di lavorare a mio parere intellettualmente più onesto: lavorare in scienza e coscienza significa valutare continuamente, ed in itinere, il proprio lavoro, e questo non può che andare a vantaggio di tutti, del bambino, del terapista che cresce con lui, professionalmente ed umanamente, della famiglia che sa di avere a che fare con una persona che non vede il bambino come la tetraparesi per cui bisogna fargli fare questo, quello e quell'altro anche laddove i risultati palesemente non ci siano.




Per avere delle brevi informazioni sull'Esercizio Terapeutico Conoscitivo, clicca qui. (pagina in costruzione)
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